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La regina Carlotta: Riflessioni sul matrimonio [ITA]


In questo recente e crepitante clima di incoronazioni che riporta alla luce vecchi e nuovi intrighi alla corte dei reali (con gli inglesi in prima linea!!!), my husband and I abbiamo deciso di trascorrere qualche serata a guardarci la serie Netflix “La regina Carlotta: una storia di Bridgerton”. Premesso che ci erano già piaciute le altre due serie della saga di Bridgerton e che siamo due inguaribili romantici, abbiamo approcciato quest’ultima serie con grandi aspettative.

L’aria sprezzante e altera del personaggio della Regina Charlotte nelle prime due serie di Bridgerton non aveva suscitato in me particolare simpatia sebbene la storia della follia/malattia di suo marito aveva solleticato la mia curiosità. Questa serie approfondisce la sua storia e racconta come la protagonista è giunta a diventare ciò che appare nelle principali di Bridgerton. Tirando le somme… Mi è molto piaciuta la serie, bravi e belli gli attori che impersonano i protagonisti da giovani, perfettamente all’altezza della loro versione in età avanzata (il buon vecchio Tom di Quattro matrimoni e un funerale – James Fleet - non può non essere rimasto nelle mie simpatie).

Questa serie mi ha fatto pensare tanto ad un terzo, nascosto (ma non troppo) protagonista: il matrimonio. Guardando le scene iniziali della lontananza tra la regina Charlotte e il re Giorgio colpisce come lei all’inizio cerchi di ribellarsi agli eventi, di capire, di provare a passare del tempo con suo marito: è costantemente combattuta tra la sua forza di carattere che le suggerisce di agire e la consapevolezza del suo ruolo e delle sue responsabilità che le impone di restare e comportarsi come ci si attende da lei. Da una regina. Ultimamente sembra che alcuni di questi reali abbiano dimenticato il significato delle parole ruolo e responsabilità, ma questo è un altro capitolo che merita molta meno attenzione. In ogni caso, loro due sono sposati e lei vuole essere la moglie del re, lo vorrà essere anche quando scoprirà della malattia mentale di suo marito. Non ci sarà un solo istante in cui tentennerà o penserà di crollare. Non solo, proteggerà suo marito da se stesso e da chi proverà a fargli del male.

In fondo il matrimonio cos’altro è se non promettersi davanti al mondo di proteggersi a vicenda mentre si costruisce qualcosa di bello insieme? E questo qualcosa è una famiglia, una casa, un mucchietto di esperienze da condividere. E famiglia non significa per forza uno o più figli, si è famiglia anche se si è in due; la casa non è una villa ma è un posto dove tornare e rifugiarsi; le esperienze sono quelle belle ma anche le difficoltà superate. Perché il matrimonio è anche tirare la corda, tenere duro quando qualcosa crolla, comprendere i sentimenti dell’altro e combattere per lui quando da solo non ci riesce. Si potrebbe dire (e l’ho sentito molte volte!) che non c’è bisogno di sposarsi per tutto questo. È vero. Ma c’è bisogno di tanto coraggio per promettersi tutto questo davanti alla comunità, per affermare di crederci fin dall’inizio senza avere nessuna garanzia sul futuro. Per dire “ti amerò a prescindere e lo voglio urlare al mondo perché non ho paura”. E questo diritto, la possibilità di dire e sottoscrivere davanti a tutti “prometto di esserti vicina per sempre”, non si può negare a nessuno. Non c’è un solo motivo valido per negare il matrimonio a due persone che si amano e che vogliono costruire qualcosa insieme e sicuramente non dovrebbe fermarli il fatto che sono dello stesso sesso o di una diversa religione.

Carlotta ha amato Giorgio fino alla fine, o almeno questo è quello che la serie ci racconta, lo ha amato tutti i giorni della propria vita, proprio come aveva avuto il coraggio di promettere.

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